domingo, 6 de setembro de 2009

Il mio cuore cerca il Tuo Volto, la Preghiera del Cuore_2ª Parte

Vedere col cuore
Quale strada dovremo seguire per giungere a quell’incontro col Padre al quale aspiriamo? Quale facoltà è a nostra disposizione per questo? E’ forse l’intelligenza, la capacità di conoscere e di ragionare? Ascoltiamo la risposta di Gesù: «Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelato ai piccoli. Sì, o Padre, poiché così è piaciuto a te» (Mt 11,25‑26).
Ecco una cosa che ha del sorprendente: la strada è chiusa agli intelligenti, a coloro che sanno pensare e calcolare. Non è a loro che Dio ha deciso di rivelare i suoi segreti.
Ma non è forse stato Dio a darci la testa, la capacità di pensare, di rappresentarci le cose, di immaginarle, come mezzo per entrare in contatto con gli altri? Sì, è vero, queste facoltà ci sono state date da Dio. Sono buone. Sono indispensabili. Noi non le disprezziamo. Non le sottovalutiamo. Ma dobbiamo anche saperne vedere i limiti.
Allorché penso a un problema ‑diciamo più precisamente a una persona molto vicina ‑ e la penso con la testa e non col cuore, la tengo distante da me. La afferro, la manipolo, in modo da poterla analizzare a piacimento, senza compromettermi con lei.
In fondo in fondo, non assumo impegni, mantengo le distanze, conservo la mia sicurezza per rapporto a questa persona. Faccio tutto ciò che posso per conoscerla, ma senza lasciarmi coinvolgere o contaminare dal dinamismo che può promanare dal cuore di questa persona. Voglio rimanere libero nei suoi confronti. In taluni casi questo modo d’agire è forse buono. Se, però, voglio amare, non è certo questa la strada da seguire.
Gesù continua il suo insegnamento: «Tutto mi è stato affidato dal Padre mio e nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
«Tutto mi è stato affidato dal Padre». Ciò significa che tra Padre e Figlio sono state abolite tutte le distanze. Nessuno dei due ha cercato di conservare una sicurezza in rapporto all’altro. Hanno accettato di coinvolgersi reciprocamente.
In tal modo possono conoscersi l’un l’altro di quella conoscenza d’amore che è presentata come un mistero cui possono partecipare solo gli iniziati: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio». Nessuno conosce, perché nessuno apre il suo cuore.
Se vogliamo conoscere il Padre, bisogna accettare di ricevere questa conoscenza del Figlio, nella misura in cui egli vede che il nostro cuore è pronto ad accoglierlo.
Per conoscere veramente Dio, bisogna quindi che io rinunci alle mie sicurezze. Devo eliminare le distanze che il pensiero e ogni sorta di rappresentazione mi permettevano di conservare in rapporto a lui. Devo riconoscere di essere vulnerabile.
Questa vulnerabilità che nascondevo così bene, devo accettarla alla luce del sole, viverla, ossia lasciare che le reazioni vere del mio cuore si esprimano liberamente. Solo così facendo potrò entrare in relazione con il Padre e il Figlio... e tutti gli uomini miei fratelli.
Questo significa, nella realtà concreta, che devo accettare di pormi a livello del cuore, devo dargli il diritto di esistere, di manifestarsi, di esprimersi nel modo che gli è proprio, cioè attraverso sentimenti profondi: fiducia, gioia, entusiasmo, ma ugualmente paura, talvolta angoscia... collera.
Questo non significa vivere a livello della sensibilità superficiale; significa, al contrario, accettare che si sviluppino in noi quei movimenti profondi che ci portano a incontrare l’altro nella verità. Ecco che cosa significa essere «piccolo piccolo»: è colui che si esprime in tutta spontaneità e si lascia prendere dall’amore di colui che gli è davanti. Come ci riesce difficile avere il coraggio di essere piccoli piccoli! Queste riflessioni si situano sia sulla linea del Vangelo che su quella di un processo psicologico normale. Evidentemente i due livelli sono distinti, ma si completano e si compenetrano. Dobbiamo arrivare a cogliere tutto attraverso lo sguardo d’amore che Gesù ha sulle creature e perfino sulle Persone divine.
Ecco che cosa io chiamo «vedere col cuore»: accettare che il Figlio mi riveli il Padre su quel solo piano dove io sono capace di accogliere questa rivelazione, ossia sul piano in cui, secondo il mio essere umano, c’è in me una immagine della relazione d’intimità che esiste tra il Padre e il Figlio: nel mio cuore.
-Un Certosino

2 comentários:

Anónimo disse...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

Anónimo disse...

good start