sexta-feira, 25 de setembro de 2009

Farisaísmo? Ou a Caridade na Verdade?


















O farisaísmo arrebata a pessoa de Deus,
fere a inocente Caridade,
deixa sombras de preceitos forçados.

A Caridade não esconde a espontaneidade,
não ilude com o engano,
antes expande a própria Verdade.

Por isso: não te deixes arrastar!
Segue Jesus - a eterna Verdade,
em humildade, paz e benignidade!

E todo o teu ser irradiará Luz e Graça,
e serás espelho da perfeita Caridade,
da sempre terna e perene Divindade!

quarta-feira, 16 de setembro de 2009

Il mio cuore cerca il Tuo Volto, la Preghiera del Cuore_3ª Parte

La purificazione del cuore,
purificazione di tutto l’essere
attraverso il cuore
Non è necessario avere una lunga esperienza dell’esistenza umana e più ancora della vita spirituale per sapere che siamo prigionieri di un mondo quasi sconfinato di disordini: peccati, squilibri affettivi, ferite non cicatrizzate, abitudini cattive... Tutto questo costituisce impurità per il nostro cuore.
Poco fa dicevamo che il linguaggio del nostro cuore si situa al livello delle emozioni. Tutti i disordini che ho menzionato sfociano in emozioni sregolate; si esprimono quasi a nostra insaputa; ci comandano; ci dilaniano; chiudono la porta a Dio; ci legano a una specie di automatismo del male. E tutto questo viene dal nostro cuore! «Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore ed è questo che inquina l’uomo. Dal cuore infatti procedono cattivi pensieri, omicidi... queste sono le cose che inquinano l’uomo» (Mt 15,18‑20). Se voglio liberare il mio essere dall’immondizia, devo per prima cosa purificare il mio cuore.
Per far fronte a questo bisogno urgente di rettifica, si fa ricorso normalmente a quella che si può chiamare l’ascesi classica. E’ una tecnica sperimentata, messa a punto da lunghe generazioni di monaci, di cristiani, di uomini di buona volontà, decisi a liberarsi dalla schiavitù di cui sono prigionieri.
E’ un impegno che fa ricorso a tutte le risorse della nostra volontà, della nostra energia e della nostra perseveranza, alla luce della fede e dell’amore. Questa ascesi ha i suoi meriti e non bisogna mai smettere di ricorrervi. Ma essa ha anche i suoi limiti.
In particolare, per quanto concerne l’autentica purificazione del cuore, bisogna andare al di là delle tecniche umane. Rileggiamo a questo proposito gli inviti di san Bruno al suo amico Rodolfo:
«Che fare allora, mio caro? Che fare se non credere ai consigli divini, credere alla Verità che non può sbagliarsi? Lei dà questo consiglio a tutti: "Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati e io vi ristorerò" (Mt 11,28). Non è una pena spaventosa e inutile l’essere tormentati dai desideri, di patire continuamente per affanni e angosce, paura e dolore provocati da questi desideri? Quale fardello è più opprimente di quello che col suo peso abbassa lo spirito dalla posizione della sua sublime dignità verso i bassifondi, in pura ingiustizia?» (A Rodolfo 9).
Dunque la prima forma in assoluto di purificazione è rivolgersi a Gesù, andare da lui per ricevere da lui il conforto. Lui ci rivolge questo invito subito dopo averci domandato di rinunciare a essere sapienti e intelligenti, per diventare piccoli piccoli. Entrare nella via del cuore è riconoscere che la sola purezza vera è un dono di Gesù.
«Prendete il mio giogo sopra di voi e venite dietro di me, poiché io sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime» (Mt 11,29).
La purificazione fondamentale si realizza a partire da quando tutte le nostre sozzure, i disordini che ci affliggono si incontrano con Gesù. Non è un compito più facile di quello dell’ascesi classica, ma è più efficace, perché ci obbliga a stabilirci nella verità, la verità di noi stessi, per cui siamo costretti ad aprire gli occhi sulla realtà del nostro peccato; verità su Gesù, che è veramente il Salvatore delle nostre anime non soltanto in modo generale e distante, ma a livello di un contatto immediato con ognuna delle sporcizie da cui siamo afflitti.
Bisogna dunque che io impari ad offrirgli, che impari ad affidargli senza riprendermela più, ogni impurità del mio cuore man mano che essa viene alla luce sia nel gioco delle circostanze, sia per un moto profondo del mio cuore che finalmente vuole ritrovare la sua libertà. Ogni volta che constato in me uno di quei legami che mi paralizzano, la cosa più importante non è di dichiarare guerra a questa schiavitù, poiché, nella maggior parte dei casi, arriverei soltanto a tagliare i rami, senza raggiungere le radici. La cosa più importante è di mettere a nudo le radici, di farle venire alla luce, per quanto brutte, per quanto disgustose siano a vedersi.
Si tratta precisamente di assumerle nella loro realtà e di poterle offrire al Salvatore con un gesto libero e cosciente. In tale prospettiva, l’invocazione classica «Gesù, figlio del Dio vivo, abbi pietà di me peccatore» non corre il rischio di essere una frase fatta. E’ la constatazione, rinnovata senza posa, che sta per avvenire un nuovo incontro tra il cuore purificante di Gesù e il mio cuore tutto macchiato.
E’ evidente che c’è in questo procedimento un elemento di pura psicologia umana, ma questo che cosa ha di sconvolgente? L’opera della grazia non si modella forse sulle strutture della natura? Nel nostro caso, questa diviene il supporto della Redenzione che viene a operare nel mio cuore la trasformazione, la cicatrizzazione delle ferite mediante l’incontro personale col Cristo risorto.
Progressivamente ci si abitua così a ritornare a lui senza posa, movendo specialmente da ciò che in noi è oscuro, tenebroso, inquietante. E’ una disposizione del cuore che all’inizio fa paura.
Ci hanno insegnato per troppo tempo che al Signore non si possono offrire che cose buone, cose belle. Tutto quello che non è atto di virtù non gli può essere offerto. Ma dir questo non è andar in senso contrario alla verità del Vangelo? Gesù stesso afferma che egli non è venuto per i sani, ma per i malati. Bisogna, pertanto, senza falsi pudori, imparare ad essere di fronte al medico celeste come autentici malati, che riconoscono lealmente ciò che in loro è falso, menzognero, contrario a Dio. Lui solo ci può guarire.
- Un Certosino

terça-feira, 15 de setembro de 2009

Nossa Senhora das Dores

Dos Sermões de S. Bernardo, abade
O martírio da Virgem é recordado tanto na profecia de Simeão como na história da paixão do Senhor. Diz o santo ancião acerca do Menino Jesus: Este foi predestinado para ser sinal de contradição; e, referindo-se a Maria, acrescenta: E uma espada trespassará a tua própria alma.
Na verdade, ó santa Mãe, uma espada trespassou a vossa alma. Porque nunca ela podia atingir a carne do Filho sem atravessar a alma da Mãe. Depois que aquele Jesus – que é de todos, mas especialmente vosso – expirou, a cruel lança que Lhe abriu o lado, sem respeitar sequer um morto a quem já não podia causar dor alguma, não feriu a sua alma mas atravessou a vossa. A alma de Jesus já não estava ali, mas a vossa não podia ser arrancada daquele lugar. Por isso a violência da dor trespassou a vossa alma, e assim, com razão Vos proclamamos mais que mártir, porque os vossos sentimentos de compaixão superaram os sofrimentos corporais do martírio.
Não foi, porventura, para Vós mais que uma espada aquela palavra que verdadeiramente trespassa a alma e penetra até à divisão da alma e do espírito: Mulher, eis o teu filho? Oh que permuta! Entregam-Vos João em vez de Jesus, o servo em vez do Senhor, o discípulo em vez do Mestre, o filho de Zebedeu em vez do Filho de Deus, um simples homem em vez do verdadeiro Deus. Como não havia de ser trespassada a vossa afectuosíssima alma ao ouvirdes estas palavras, quando a sua simples lembrança despedaça o nosso coração, apesar de ser tão duro como a pedra e o ferro?
Não vos admireis, irmãos, de que Maria seja chamada mártir na sua alma. Admire-se quem não se recorda de ter ouvido Paulo mencionar entre as maiores culpas dos pagãos o facto de não terem afecto. Como isso estava longe do coração de Maria! Longe esteja também dos seus servos.
Mas talvez alguém possa dizer: «Porventura não sabia Ela que Jesus havia de morrer?» Sem dúvida. «Não esperava Ela que Jesus havia de ressuscitar?» Com toda a certeza. «E apesar disso sofreu tanto ao vê-l'O crucificado?» Sim, com terrível veemência. Afinal, que espécie de homem és tu, irmão, e que estranha sabedoria é a tua, se te surpreende mais a compaixão de Maria do que a paixão do Filho de Maria? Ele pôde morrer corporalmente e Ela não pôde morrer com Ele em seu coração? A morte de Jesus foi por amor, aquele amor que nenhum homem pode superar; o martírio de Maria teve a sua origem também no amor, ao qual depois do de Cristo, nenhum outro amor se pode comparar.

domingo, 6 de setembro de 2009

Il mio cuore cerca il Tuo Volto, la Preghiera del Cuore_2ª Parte

Vedere col cuore
Quale strada dovremo seguire per giungere a quell’incontro col Padre al quale aspiriamo? Quale facoltà è a nostra disposizione per questo? E’ forse l’intelligenza, la capacità di conoscere e di ragionare? Ascoltiamo la risposta di Gesù: «Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelato ai piccoli. Sì, o Padre, poiché così è piaciuto a te» (Mt 11,25‑26).
Ecco una cosa che ha del sorprendente: la strada è chiusa agli intelligenti, a coloro che sanno pensare e calcolare. Non è a loro che Dio ha deciso di rivelare i suoi segreti.
Ma non è forse stato Dio a darci la testa, la capacità di pensare, di rappresentarci le cose, di immaginarle, come mezzo per entrare in contatto con gli altri? Sì, è vero, queste facoltà ci sono state date da Dio. Sono buone. Sono indispensabili. Noi non le disprezziamo. Non le sottovalutiamo. Ma dobbiamo anche saperne vedere i limiti.
Allorché penso a un problema ‑diciamo più precisamente a una persona molto vicina ‑ e la penso con la testa e non col cuore, la tengo distante da me. La afferro, la manipolo, in modo da poterla analizzare a piacimento, senza compromettermi con lei.
In fondo in fondo, non assumo impegni, mantengo le distanze, conservo la mia sicurezza per rapporto a questa persona. Faccio tutto ciò che posso per conoscerla, ma senza lasciarmi coinvolgere o contaminare dal dinamismo che può promanare dal cuore di questa persona. Voglio rimanere libero nei suoi confronti. In taluni casi questo modo d’agire è forse buono. Se, però, voglio amare, non è certo questa la strada da seguire.
Gesù continua il suo insegnamento: «Tutto mi è stato affidato dal Padre mio e nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
«Tutto mi è stato affidato dal Padre». Ciò significa che tra Padre e Figlio sono state abolite tutte le distanze. Nessuno dei due ha cercato di conservare una sicurezza in rapporto all’altro. Hanno accettato di coinvolgersi reciprocamente.
In tal modo possono conoscersi l’un l’altro di quella conoscenza d’amore che è presentata come un mistero cui possono partecipare solo gli iniziati: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio». Nessuno conosce, perché nessuno apre il suo cuore.
Se vogliamo conoscere il Padre, bisogna accettare di ricevere questa conoscenza del Figlio, nella misura in cui egli vede che il nostro cuore è pronto ad accoglierlo.
Per conoscere veramente Dio, bisogna quindi che io rinunci alle mie sicurezze. Devo eliminare le distanze che il pensiero e ogni sorta di rappresentazione mi permettevano di conservare in rapporto a lui. Devo riconoscere di essere vulnerabile.
Questa vulnerabilità che nascondevo così bene, devo accettarla alla luce del sole, viverla, ossia lasciare che le reazioni vere del mio cuore si esprimano liberamente. Solo così facendo potrò entrare in relazione con il Padre e il Figlio... e tutti gli uomini miei fratelli.
Questo significa, nella realtà concreta, che devo accettare di pormi a livello del cuore, devo dargli il diritto di esistere, di manifestarsi, di esprimersi nel modo che gli è proprio, cioè attraverso sentimenti profondi: fiducia, gioia, entusiasmo, ma ugualmente paura, talvolta angoscia... collera.
Questo non significa vivere a livello della sensibilità superficiale; significa, al contrario, accettare che si sviluppino in noi quei movimenti profondi che ci portano a incontrare l’altro nella verità. Ecco che cosa significa essere «piccolo piccolo»: è colui che si esprime in tutta spontaneità e si lascia prendere dall’amore di colui che gli è davanti. Come ci riesce difficile avere il coraggio di essere piccoli piccoli! Queste riflessioni si situano sia sulla linea del Vangelo che su quella di un processo psicologico normale. Evidentemente i due livelli sono distinti, ma si completano e si compenetrano. Dobbiamo arrivare a cogliere tutto attraverso lo sguardo d’amore che Gesù ha sulle creature e perfino sulle Persone divine.
Ecco che cosa io chiamo «vedere col cuore»: accettare che il Figlio mi riveli il Padre su quel solo piano dove io sono capace di accogliere questa rivelazione, ossia sul piano in cui, secondo il mio essere umano, c’è in me una immagine della relazione d’intimità che esiste tra il Padre e il Figlio: nel mio cuore.
-Un Certosino

quinta-feira, 3 de setembro de 2009

Senhor, afasta-Te de mim, que sou um homem pecador

O Evangelho de hoje transporta-nos para o lago de Genesaré, onde Jesus, no barco de Simão Pedro, se pôs a «ensinar a multidão». Depois, surge aquele interessante episódio, do reconhecimento humilde da condição de Pedro, quando Jesus, apesar do desgaste que eles tinham tido durante toda a noite, e sem fruto algum, o interpela ordenando: «Faz-te ao largo e lançai as redes para a pesca». E uma grande manifestação do poder de Jesus, o enviado do Pai, acontece: a rede enche-se de peixes...
Jesus não age desta forma por acaso, não fica no "humano", mas, a partir do que é "humano" e "material", Ele abre caminho, purifica o olhar interior para o ser humano - finito e limitado - ser mais capaz de descobrir e contemplar o mistério de Deus - infinito, eterno, imensurável...
«Ao ver o sucedido, Simão Pedro lançou-se aos pés de Jesus e disse-Lhe: «Senhor, afasta-Te de mim que sou um homem pecador». - Lc 5, 8

É o grito de alguém que, tocado pela graça santificante de Deus se descobre pequeno, frágil, cheio de misérias, porque, repito, tocado pela graça, pois, sem a Graça Divina o homem permanece cego e obstinado no pecado, não sabe o que é o pecado (ou não quer saber, por vezes) e nem se sente pecador... Mas, quando a Graça - o Espírito do Senhor que é Amor e Misericórdia, esse mesmo Amor que existe desde toda a Eternidade entre o Pai e o Filho, esse Amor que levou Jesus a dar a vida pela salvação de todos, esse Amor oblativo, sacrifical - abraça os recônditos mais profundos do ser-humano, então somos "olhados" amorosamente pelo Senhor Jesus, com esse mesmo olhar que Ele, escarnecido e humilhado pelos que o recusavam aceitar como Deus e Senhor..., o Divino Mestre olhou para Pedro..., olhou-o profundamente... amorosamente... misericordiosamente... e Pedro chorou amargamente.

«Senhor, afasta-Te de mim, que sou um homem pecador»

Que o Senhor nos conceda a graça de uma verdadeira e constante conversão, de uma vida coerente com a Fé que professamos. Não há desculpas... Na altura, Pedro e os outros apóstolos e discípulos não tinham, ainda, sido revestidos com a força do Alto, o Espírito Santo - Consolador - mas, após o Baptismo de Jesus, no Sangue e na Água, todos nós fomos «sepultados com Cristo na morte», para vivermos para Ele, por Ele, com Ele e n'Ele. «Assim vivereis de maneira digna do Senhor, agradando-Lhe em tudo, realizando toda a espécie de boas obras e progredindo no conhecimento de Deus» (Col 1, 10). E será este conhecimento que nos levará a progredir no Amor, Amor para com Deus e Amor para com o próximo, em pureza, verdade, oblatividade.

Não há que ter medo pois, é S. Paulo quem nos diz: «Sereis fortalecidos com o seu poder glorioso, para que se confirme a vossa constância e longanimidade a toda a prova e, cheios de alegria, deis graças a Deus Pai, que nos fez dignos de tomar parte na herança dos santos, na luz divina. Ele nos libertou do poder das trevas e nos transferiu para o reino do seu Filho muito amado, no qual temos a redenção, o perdão dos pecados» (Col 1, 11-14).

VI Simpósio do Clero em Fátima

Mais de 750 padres de todo o país reúnem-se a partir desta Terça-feira em Fátima para o VI Simpósio do Clero, organizado pela Comissão Episcopal das Vocações e Ministérios. A iniciativa, que decorre a cada três anos, tem desta feita um significado especial por coincidir com o Ano Sacerdotal convocado por Bento XVI. O Simpósio tem como tema “Reaviva o dom que há em ti” e vai abordar a formação contínua e permanente do clero.
Programa
A abertura do colóquio está agendada para dia 1 de Setembro, pelas 10h30, com intervenções de D. Jorge Ferreira da Costa Ortiga, D. António Francisco dos Santos, Presidente da Comissão Episcopal Vocações e Ministérios, e do Padre Jorge Madureira, Secretário da Comissão Episcopal Vocações e Ministérios e do Simpósio.
O Simpósio continua pelas 11h30, com o Padre Anselm Grun, beneditino alemão, a pronunciar a sua Conferência sobre os seguintes temas: “Alegro-me nas minhas fraquezas, a experiência de si e o acompanhamento espiritual”; “O presbítero, o homem de Deus seduzido”.
Pelas 15h00, o Padre Anselm Grun profere a comunicação “Homem, Força na debilidade”, e logo a seguir, pelas 17h00, o mesmo conferencista analisa “Amadurecer espiritualmente durante toda a vida”; “Desafios do acompanhamento”.
No segundo dia, 2 de Setembro, pelas 10h00, o Padre Rocha e Melo, jesuíta, analisa a exortação de Paulo a Timóteo: “Não descures o dom espiritual que está em ti”, e “Os caminhos do silêncio e da oração”. Pelas 15h00, o Cardeal D. José da Cruz Policarpo pronuncia a sua conferência sobre “Como crescer como pessoas para servir como pastores”, seguindo-se, pelas 16h30, um painel orientado pelo Padre José Tolentino Mendonça sobre “Padres para um tempo novo”.
Dia 3 de Setembro, dividida em três partes distintas, o Padre Amedeo Cencini pronuncia a conferência sobre o “Modelo formativo em volta do qual se pode construir um projecto de formação permanente: a árvore da vida sacerdotal”, pelas10h00, 15h00 e 17h00.
Na Sexta-feira, 4 de Setembro, realiza-se a Conferência de encerramento, pelo Cardeal Cláudio Hummes. Às 11H30, será apresentada a síntese conclusiva dos trabalhos, terminando o Simpósio com a celebração da Eucaristia.
Fonte: Agência Ecclesia

quarta-feira, 2 de setembro de 2009

Il mio cuore cerca il Tuo Volto, la Preghiera del Cuore_1ª Parte

Abbà, sia santificato il tuo nome
Quando mi metto a pregare, non mi rivolgo al Dio dei filosofi e neppure, in un certo senso, al Dio dei teologi. Mi rivolgo a mio Padre o, meglio, a nostro Padre. Più precisamente ancora, mi rivolgo a colui che Gesù, in grande intimità, chiamava Abbà. Quando i discepoli gli chiesero di insegnar loro a pregare, Gesù disse semplicemente: «Quando pregate, dite: Abbà ...». Chiamare così Dio è essere sicuri di essere amati. E’ una certezza che non è dell’ordine delle idee dotte, bensì dell’ordine delle convinzioni intime.
Una certezza ‑ la fede ‑ cui siamo giunti, secondo la nostra impressione, dopo un certo numero di riflessioni, di meditazioni, di ascolto interiore; ma, in fin dei conti, questa certezza è un dono. Nel nostro cuore noi crediamo all’amore perché è il Padre stesso che ci ha mandato il suo Spirito, poiché ormai il suo Figlio è glorificato.
E proprio perché il Padre mi ama io posso rivolgermi a lui in tutta sicurezza e fiducia. Non lo faccio basandomi sui miei meriti, né su solide ragioni, ma lo faccio confidando nella tenerezza infinita per suo Figlio da parte dell’Abbà di Gesù e che è anche il mio Abbà.
Lui è Padre. Che significa questo? Lui dà la vita. Ma la dà non come qualcosa di distinto da sé, qualcosa che si può regalare. La dà donando se stesso. L’unico dono che egli può fare è la sua persona; il risultato di questo dono è un Figlio, un Figlio che lo ama senza misura, un Figlio per il quale non ha che tenerezza e che, a sua volta, non è che tenerezza per il Padre.
Questo è l’Abbà a cui mi rivolgo. L’unico che può darmi la vita, una vita perfettamente ricalcata sulla sua, lui mi vuole adesso a sua immagine e somiglianza, non come una aggiunta esteriore a me stesso, ma perché mi genera a partire dalla sua stessa sostanza.
Ecco che cosa voglio dire quando gli chiedo «Abbà, che sia santificato il tuo nome». Che tu sia perfettamente te stesso, Abbà, in me. Che il tuo nome di Padre si realizzi perfettamente nella relazione che si stabilisce tra noi. Abbà, io ti chiedo di essere mio Padre, di generarmi a tua immagine e somiglianza, per puro amore, affinché a mia volta, io possa divenire, per pura gratuità da parte tua, una tenerezza «verso di te». La preghiera del cuore consiste semplicemente nel trovare la strada che mi permetta di avere, riguardo al Padre, questo atteggiamento grazie al quale potrà lui stesso santificare il suo Nome in me. In me e in tutti i suoi figli. Nel suo unico Figlio, formato dell’Unico e di tutti i suoi fratelli.
Pregare significa accogliere il Padre e partecipare alla vita che egli ci dà per grazia. Accogliere il Padre, ossia permettergli di generare il Figlio, di far nascere il suo regno nel mio cuore. Così lo Spirito potrà produrre tra me e il Padre dei legami indistruttibili, legami di unità che si estenderanno fino a tutti i miei fratelli. -Un Certosino Fonte: http://www.certosini.org/

Il mio cuore cerca il Tuo Volto, la Preghiera del Cuore

La Preghiera del Cuore
M’hai chiesto di parlarti della Preghiera del Cuore. Una domanda del genere m’era stata rivolta già alcuni anni fa, ma allora avevo risposto che non intendevo impegnarmi a parlare di un argomento che non conoscevo abbastanza.
Da allora è passato del tempo e ho un po’ più d’esperienza in merito sia per quello che ho potuto constatare presso altri, sia per le scoperte che io stesso ho avuto modo di fare nella mia ricerca del Signore. Dunque ti affido qui qualche mia riflessione, pregandoti, però, di non attribuirle troppa importanza.
Sai che nella spiritualità della Chiesa orientale la preghiera del cuore è il frutto di una lunghissima esperienza. Quello che dirò ha certamente dei punti in comune con questa tradizione, ma mi rendo perfettamente conto di come io la tratti in maniera molto personale. Ciò di cui ti parlerò forse non è la vera preghiera del cuore.
La mia intenzione non è di disegnare un quadro rigido, una struttura fissa. Piuttosto vorrei indicarti una direzione, un cammino su cui impegnarsi, ma di cui non si può dire in anticipo dove andrà a finire esattamente.
La preghiera del cuore non è una meta da raggiungere, è un modo di essere, una maniera di mettersi all’ascolto e di andare avanti.
Per cominciare, se lo credi, prima di metterti a leggere, mettiti in preghiera e domanda allo Spirito del Signore di illuminarci entrambi, poiché non ho altro desiderio che aiutarlo a rischiarare i nostri cuori.
- Un Certosino

terça-feira, 1 de setembro de 2009

Il mio cuore cerca il Tuo Volto_1ª Parte

Prefazione
«Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ancora oggi, molti uomini cercano dei maestri che insegnino loro a pregare. Più che una dottrina sulla preghiera, desiderano una testimonianza personale.
Ma rari sono quelli che parlano della loro esperienza di Dio, perché a nessuno piace parlare di sé, e inoltre la preghiera procede da un luogo interiore e segreto, il cuore.
Comunque nelle pagine che seguono il lettore incontrerà la testimonianza di un monaco certosino che fu indotto a scrivere una lunga lettera sulla preghiera del cuore.
Non si può pervenire alla vera preghiera se viene trascurata la partecipazione del cuore, quel fondo del nostro essere, al di là dell’intelletto, della volontà, degli affetti.
E’ nel nostro cuore che Dio ha fatto la sua dimora e ci parla nel silenzio del deserto; è il nostro cuore che diventa ardente quando Gesù ci parla per via e ci spiega le Scritture; è nel nostro cuore che lo Spirito Santo prega in noi gridando Abbà, Padre e intercedendo con gemiti inesprimibili.
Una testimonianza non vuole convincere, né provare, né confutare. E’un invito a fare la stessa esperienza, a vibrare in armonia nelle profondità dell’essere.
Non si comunica la preghiera come si fa della scienza; nessuno la può comprendere se non la riceve. Ad essa ci si può soltanto disporre, nella misura in cui il cuore si apre e si abbandona all’azione di Dio.
Sull’esempio di san Bruno, «quell’uomo dal cuore profondo», il monaco vive di preghiera. Tutto ciò che fa è trasformato dalla preghiera e orientato verso la preghiera, in modo che la sua vita sia un’unica e incessante orazione.
Costantemente proteso verso Dio, alla ricerca del suo volto, egli fa proprie le parole del salmista: «L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente; quando verrò e vedrò il volto di Dio?».
- Un Certosino